Assassinio a Venezia, il Poirot di Branagh a caccia di fantasmi

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Assassinio a Venezia, il Poirot di Branagh a caccia di fantasmi

| Paola Rocco

Terzo tentativo per Kenneth Branagh - che firma anche la regia - nei panni del detective belga nato dalla Christie, Assassinio a Venezia (A Haunting in Venice) sposta in ambito lagunare Halloween's Party, uno dei gialli agathiani forse meno riusciti dal punto di vista dell'intreccio (che comunque viene radicalmente sovvertito, per cui in effetti il problema non è poi così rilevante). Articolando la storia in una Venezia sbrindellata e intrisa d'acqua come una vecchia spugna: la definizione della città come opprimente cesso bagnato caldeggiata da uno dei protagonisti del Giardino dei Finzi-Contini trova qui una convinta e in parte surreale rappresentazione, con la furiosa tempesta che si scatena tra i canali, le acque che sbriciolano le inferriate e i pali d'attracco delle gondole divelti dal fondo.
In questa città moribonda e bellissima come la Violetta di Dumas (la fotografia è di Haris Zambarloukos), Poirot/Branagh si farà strada a fatica tra i tentativi di raggiro di medium e sensitivi di dubbia fama e le “storie di paura” che aleggiano sulla laguna: la leggenda dei bimbi abbandonati alla morte e in cerca di vendetta nella casa infestata, le case maledette disseminate ovunque e l'Halloween d'importazione che serpeggia nelle calli, officiato dal benintenzionato esercito di liberazione (siamo nel '47). Per quanto, a ben guardare, stavolta a cercar di turlupinare il grande investigatore per lucrarci su non sia soltanto il truffatore seriale di turno ma, meno prevedibilmente, l'insospettabile in cerca di un'iniezione di notorietà (un po' come nell'alleniano Magic in the Moonlight).

Kenneth Branagh e Tina Fey

Incalzato dalla scrittrice Ariadne Oliver (Tina Fey), giallista di successo in ansia per l'isolamento e la tetraggine che circondano il vecchio amico e decisa a risvegliarne l'amore per la vita con massicce somministrazioni di mistero (per scoraggiare i nugoli di questuanti che ne assediano la casa e le passeggiate il detective ha persino ingaggiato l'ex poliziotto Vitale Portfoglio, un plumbeo Riccardo Scamarcio), l'ormai anziano Poirot, deciso a trascorrere gli ultimi anni lontano dall'investigazione, viene attirato col pretesto di una seduta spiritica nel Palazzo delle lacrime, antica dimora molti anni prima teatro di una tragedia legata alla morte degli orfanelli ospitati dalle suore: le quali, assieme a medici e infermiere addetti alla custodia, li avevano abbandonati nei sotterranei, fuggendo dalla peste che incombeva sulla città. Da allora gli spiriti dei piccoli trapassati si aggirerebbero tra le mura del palazzo, alla perenne ancorché selettiva ricerca di vendetta su suore, infermiere e dottori che si avventurino oltre la soglia.
A organizzare il convegno esoterico, assoldando la sensitiva Joyce Reynolds (Michelle Yeoh), è l'attuale proprietaria del palazzo, l'ex cantante lirica Rowena Drake (Kelly Reilly): nell'originale agathiano, Joyce è la ragazzina impicciona e sgradevole affogata al party di Halloween nel secchio riempito d'acqua per il gioco delle mele, mentre Rowena è la padrona di casa nel cui salotto viene affogata la tredicenne. I nomi propri e l'ambientazione halloweeniana sono la sola concessione del film al Poirot e la strage degli innocenti della Christie (Halloween's Party il titolo inglese, 1969), per il resto eluso senza un rimpianto.

Un peccato, forse, considerando il fascino rarefatto dell'atmosfera autunnale che avvolge la campagna inglese e che la Christie tratteggia così vividamente: i preparativi per la festa dell'Undici Più, con le zucche verdi e gialle e i travestimenti con parrucche e baffi finti, le ragazzine ridacchianti e la strega del villaggio, la bonaria Mrs. Goodbody, abbigliata per l'occasione col nuovo cappello a pan di zucchero donatole del parroco (“Anche i cappelli delle streghe si consumano, sapete...”, spiegherà la donna all'attonito Poirot, in uno dei dialoghi cruciali del libro). E tutto il fiabesco apparato di mele rosse, zucche ghignanti, lampadine colorate, manici di scopa variopinti e sfere di cristallo poggiate con noncuranza sulla mensola del camino, sul cui fascino casereccio e un po' ingenuo la brutale uccisione della piccola Joyce risalta con magistrale crudezza.
Un originale di grande charme seppur non tra i migliori come intreccio e che inoltre in Assassinio a Venezia appare parzialmente contaminato da un altro giallo agathiano abbastanza inquietante, Nemesis: che fornisce le motivazioni per il delitto (nella Christie risolto dalla Marple e non da Poirot), la personalità ossessiva e l'amore come possesso di uno dei personaggi, l'atmosfera irriducibilmente triste della vecchia casa e, infine, il sinistro giardino d'inverno, qui allestito dalla Drake sul tetto del Palazzo.
C'è, è vero, un sontuoso - e in fondo altrettanto spettrale - jardin d'hiver anche in Halloween's Party, ma lo sfacelo a cui questo luogo, pur così amato, viene abbandonato dalla sua creatrice in Assassinio a Venezia e le incursioni nell'arte botanica con la figlioletta Alicia, ricordate con struggimento da Rowena, rimandano al soffocante giardino di Nemesis e al complicato rapporto tra la protagonista Clotilde Bradbury-Scott e l'adolescente adottiva Verity.

Frutto di un intreccio in parte nuovo, dunque, Assassinio a Venezia vede Rowena Drake, che un anno prima ha perso per un apparente suicidio la figlia Alicia - lanciatasi dal balcone nel canale sottostante dopo la rottura del fidanzamento col giovane chef Maxime Gerard (Kyle Allen) - allestire nel Palazzo una seduta spiritica per cercar di mettersi in contatto, tramite la Reynolds, con la defunta e appurare la verità (Alicia è un'invenzione del film, così come il suo apparente suicidio e il fidanzato francese per cui la ragazza avrebbe deciso di togliersi la vita).
La Drake sospetta infatti che dietro la morte della figlia possa non esserci un suicidio o che dietro al suicidio si celino motivazioni diverse dalla depressione. Opinione condivisa dalla spaurita governante Olga Seminoff/Camille Cottin (che, sguardo terreo e capelli scompigliati, a sua volta ricorda vagamente Anthea, la sorella minore delle tre Bradbury-Scott di Nemesis): “Sono stati i bambini. La volevano con loro...”.
Del resto, tra le mura annerite e i soffitti incurvati della vecchia casa si possono ancora udire le risatine e il fruscio dei loro piccoli passi: come in un altro racconto della Christie, la Christie attratta dal misterico e dal sovrannaturale della raccolta Il segugio della morte (La lanterna, che introduce il tema del sesto senso capace di far percepire a chi lo possiede eventuali infestazioni ultraterrene). Ma, in fondo, anche come nelle leggende sul “munaciello” - lo spirito del bimbo morto in casa che fugge per le stanze e si fa gioco degli abitanti - del folklore nostrano.
Ah, per giustificare l'intrusione di Poirot in quella che alla fine è una faccenda di famiglia la sceneggiatura (firmata da Michael Green) fa appunto intervenire la Oliver, che chiede - anzi, in pratica ordina - il sostegno dell'amico per scardinarne la solitudine, smascherare la falsa medium e servirsi di tutta la storia per il suo prossimo giallo. A estendere l'invito anche all'odiatissimo Maxime, di passaggio a Venezia e in procinto di sposare una ricchissima ereditiera - intenzionata ad aprirgli un bistrot a Parigi - è invece il tradizionale, direi quasi eduardiano, espediente della lettera anonima.

Tina Fey, Kenneth Branagh e Michelle Yeoh

Espletata con qualche inciampo la pratica della seduta spiritica (di cui Poirot individua senza sforzo trucchi e complici nascosti, non riuscendo tuttavia a dar ragione della voce di Alicia che irrompe nella stanza per bocca della Reynolds e di alcuni particolari svelati dalla medium), la Reynolds si congeda  dall'investigatore con un pizzico di malizia (“Lei ha paura di vivere...”, questo più o meno il senso del discorso); e un paio di minuti dopo viene scaraventata giù dal ballatoio nello spiazzo sottostante, infilzandosi sul braccio levato in alto della statua marmorea che ha presieduto sullo sfondo al convegno spiritico. La Reynolds del film è dunque la prima vittima come la Reynolds del libro, in virtù appunto del fatto che si chiama allo stesso modo.
Deciso a scoprire il colpevole, Poirot serra i cancelli dando il via agli interrogatori di prammatica. Fuori, intanto, Venezia si abbandona al cataclisma: l'acqua preme alle porte e insidia i sotterranei dove han trovato la morte gli orfanelli, scompigliandone ulteriormente gli scheletri (già ammucchiati abbastanza a casaccio) e scorrendo lungo i muri in rivoli mortali.
Gradevole, in generale, l'ambientazione che va verso l'horror, con la casa infestata dagli spiriti di coloro che tra quelle mura hanno incontrato una sorte atroce (“Quanti... quanti sono”, sussurra sgomenta la medium, appena entrata in casa), le ombre che si allungano sulle pareti, le vocine cantilenanti su e giù per i corridoi, tuoni e fulmini fuori dal palazzo, fantasmi gocciolanti riflessi nello specchio e porte che si spalancano senza un perché. Ma infelicemente condotta a termine l'operazione d'assemblaggio: per chi ha letto Halloween's Party l'identità dell'assassino è cosa nota, ma fin da subito lo stravolgimento della trama rende difficoltosa la comprensione delle motivazioni (per le quali, appunto, occorre aver letto anche Nemesis, e ricordarsi del giardino e della personalità di Clotilde, la Clitennestra della Marple, “una donna che avrebbe potuto allegramente pugnalare il proprio marito... Solo che Clotilde non si era mai sposata”. Dopo di che si deve applicare Clotilde a Rowena, un po' come un abito o una maschera di scena. E ancora non è finita, ovviamente).

 

E per chi invece è all'oscuro di entrambi, lo svolgimento è a un tempo drastico e nebuloso: con le intuizioni canonicamente fulminee di Poirot (qui soccorso da una foto strappata a metà) e gli immotivati accenni di Rowena. Èvero, la Christie fa dire al suo detective che per sapere ciò che è accaduto basta far chiacchierare i vari indiziati, ma le informazioni fornite qua e là dalla Drake spesso non si articolano nemmeno all'interno di un dialogo, le sfuggono dalla bocca come perle (o forse, per dirla, ancora, con l'Allen di Match Point, “come chi implori d'essere scoperto...”). E ci sono poi l'odio (ricambiato) di Maxime per la quasi suocera, le api allevate in giardino al tempo della felicità, il miele di fiori di campo, il miele dallo strano sapore, il miele sciolto nel tè, la depressione di Alicia, le allucinazioni, il salto dal balcone, le fughe dispettose nella Turchia carica di mistero del dopoguerra, i medici innamorati e conniventi e i profughi rom radicalmente diversi l'uno dall'altra eppur fratelli.
Questi ultimi, in particolare, davvero sprovvisti di qualunque reale perché, eccetto il puro gusto per l'accumulo: sì, sono gli aiutanti della Reynolds, quelli palesi almeno, ma perché profughi, fratelli e ungheresi? Solo per dare a Poirot l'opportunità di certificarne la parentela a dispetto delle radicali differenze somatiche - lui bruno, scuro e ricciuto, lei rossa, esile e pallidissima - basandosi sul colore degli occhi: opportunità anch'essa desunta forse da un altro romanzo ancora, Il Natale di Poirot, con l'intuizione dell'investigatore su Pilar Estravados e le sue allusioni alle leggi della genetica, in fondo ancora una scoperta negli anni Trenta del secolo scorso?
O per chiudere il cerchio sul lieto fine, consentendo il viaggio per l'America dei due ragazzi dopo l'assoluzione di Poirot, che tra gli altri assolve forse anche sé stesso e il proprio pessimismo e - come avrebbe voluto la Oliver... - potrebbe persino decidere di ricominciare a vivere?
Tutto, alla fine, si tiene, ma appunto un po' di corsa, come in un bel giocattolone dalle giunture fragili, che fa scena ma non si regge in piedi. Quelli della Christie, invece (se ancora ha un senso ricordarlo a proposito della serie di Branagh) erano congegni perfetti, fatti con poco.

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Paola Rocco

Paola Rocco

Autrice del romanzo giallo 'La carezza del ragno' e appassionata lettrice, scrive di mistery e venera Agatha Christie. Vive a Roma con il marito, la figlia e una gatta freddolosa detta Miss Poirot.

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