Debutto lunedì 6 marzo su Raiuno per la seconda stagione de Il commissario Ricciardi, interpretata da Lino Guanciale (nei panni del commissario che vede i fantasmi, nella Napoli del ventennio fascista) e tratta dall'omonima saga di Maurizio de Giovanni (che firma la sceneggiatura assieme a Salvatore Basile, Viola Rispoli e Doriana Leondeff). Cambio al vertice per la regia, stavolta di Gianpaolo Tescari, che subentra a Massimo D'Alatri; e nuovo volto per Manfred Kaspar von Brauchitsch, l'ufficiale tedesco invaghitosi della giovane Enrica (Maria Vera Ratti), la dirimpettaia di Ricciardi, in questa seconda stagione interpretato da Christoph Hülsen (che sostituisce Martin Gruber). Quattro gli episodi previsti, Febbre, Anime di vetro, Serenata senza nome e Rondini d'inverno: tutti (a parte il primo, modellato sulle tracce di due racconti) tratti dagli omonimi capitoli della saga.
Sceneggiato, appunto, a partire dai racconti Febbre (in Giochi criminali, Einaudi, 2014) e Lo spirito giusto (Bur Rizzoli, 2021), l'episodio d'apertura sviluppa l'inghippo alla base dell'assassinio di Gaspare Rummolo, detto 'o cecato, identificabile con chi a Napoli svolge il ruolo dell'assistito: cioè, come il brigadiere Maione (Antonio Milo) spiegherà al cilentano Ricciardi, poco avvezzo alle usanze del capoluogo campano, di chi è in grado di discorrere con le anime dei defunti (soprattutto di coloro che sono morti di morte violenta), dando poi i numeri da giocare al Lotto al popolino - ma non solo: come risulterà via via più evidente con l'evolversi dell'indagine, a Rummolo ricorrevano anche un nobile spiantato e un temibile usuraio...
Una sorta di specchio rovesciato per il commissario, a sua volta in grado di percepire le ultime parole dei morti per mano altrui e di vederne in tralice l'immagine: discutibile privilegio trasmessogli dalla madre, la baronessa Marta Ricciardi di Malomonte, morta pazza, e alla radice della solitudine di Ricciardi, deciso a non coinvolgere nessuno nel proprio destino e per questo restio sia alle lusinghe di Livia Lucani, vedova Vezzi (Serena Iansiti), invaghitasi di lui durante le indagini per l'omicidio del marito (primo episodio della prima stagione) che all'amore, pur ricambiato, della dirimpettaia Enrica Colombo. Una solitudine resa ancor più dolorosa dalla scomparsa dell'anziana tata cilentana Rosa, interpretata da Nunzia Schiano e tuttora presente nel cast come un fantasma bonario aleggiante tra salotto e cucina a dar sostegno alla nipote Nelide (Veronica D'Elia), subentrata come governante nella grande casa di via Santa Teresa.
Completamente cieco e, per questo, accolto in casa per carità dai fratelli Caruso, Vincenzo (Enzo Casertano) e Maria (Franca Abategiovanni), proprietari del Bancolotto di vicolo della Speranzella dove l'hanno ucciso, Gaspare Rummolo (Antonio De Rosa) è stato trovato cadavere nella sua stanza, trafitto all'occhio sinistro da lama sottile. “Ventuno, nove e diciannove” le parole aspramente bisbigliate al solo Ricciardi dal suo riflesso martoriato: estremo responso delle anime del Purgatorio consultate per conto di chi l'ha poi colpito a morte, o angoscioso rimuginare su un messaggio ancora oscuro?
Come sempre all'inizio dolorosamente incerto sul reale tenore delle parole sussurrategli dal defunto, Ricciardi rivolgerà comunque fin da subito la propria attenzione al conte Romualdo Palmieri di Roccaspina (Arturo Muselli): aristocratico decaduto e, per questo, ormai un outsider, come osserverà compiaciuto il vicequestore Garzo (un come sempre irresistibile Mario Pirrello), sottolineando l'opportunità d'una sua eventuale incriminazione - posto che, tanto, il microcosmo nobiliare di Napoli l'ha ormai abbandonato da un pezzo e a sbatterlo in galera non si rischia d'offender nessuno. Dominato dalla febbre del gioco, che sta portando alla rovina lui e la moglie Bianca (la new entry Fiorenza D'Antonio, biondissima interprete della contessa dagli occhi viola che nella saga di de Giovanni si accamperà presto come la donna più bella di Napoli), il giovane conte potrebbe essersi recato da Rummolo col favore delle tenebre e averlo ucciso al culmine d'una discussione.
L'ora del decesso, stando al medico legale Bruno Modo (Enrico Ianniello), si colloca infatti nel cuore della notte: e del resto il fatto che 'o cecato fosse vestito di tutto punto malgrado l'ora tarda sembrerebbe indicare che aspettava qualcuno...
Ma il conte oppresso dai debiti non è il solo ad aver potuto o voluto far fuori Rummolo: come Bambinella (un ottimo Adriano Falivene), il femminiello amico e confidente del brigadiere, confiderà a quest'ultimo, ad avercela con l'assistito di vicolo della Speranzella c'era pure Gennaro Luise (Edoardo Velo), protagonista, il giorno prima dell'omicidio, d'un violento alterco con la vittima. Temutissimo usuraio di zona (tra i debitori c'è pure il conte Romualdo), Luise aveva puntato una forte somma sui tre numeri suggeritigli dal defunto (appunto ventuno, nove e diciannove), numeri che poi non erano stati estratti, suscitando la rabbia dell'uomo e, forse, il puntuale desiderio di far vendetta di chi, seppur senza colpa, ne aveva causato il danno di soldi...
L'impeccabile outfit di Rummolo e l'incongrua presenza di uno specchio (ovviamente inservibile per un cieco) rappresenteranno per il pensoso commissario il filo d'Arianna che, col puntuale supporto del brigadiere Maione, lo condurrà al reale colpevole al termine di un'indagine complessa, come di consueto condotta tra i vicoli bagnati di pioggia e le stanze fuori dal tempo dei palazzi nobiliari.
E inevitabilmente lambita in modo più o meno invasivo dalle ricorrenti incursioni della vita reale: la dolorosa passione di Ricciardi per Enrica, esposta alle insidie di un nuovo amore (e da parte, per di più, del prestante ufficiale di un paese amico, come la madre della ragazza sottolineerà estasiata a marito e figlia); il pungente ricordo di tata Rosa, il rimorso per non aver saputo o voluto corrispondere all'amore di Livia; e poi la ritrovata complicità del brigadiere con la moglie Lucia (Fabrizia Sacchi, come sempre molto in parte), dopo il terribile interregno seguito all'omicidio del primogenito Luca; la serenità del piccolo nucleo di vicolo Concordia, le periodiche visite da Bambinella, le luminose colazioni al Gambrinus e gli inesorabili piatti cilentani di Nelide; e ancora il lento sbocciare dell'amore tra la giovane prostituta Lina (Marianna Robustelli) e uno stanco dottor Modo.
E poi lo struggente ritratto di famiglia contemplato ogni sera dal commissario al di qua del vetro: Enrica, i fratellini, la sorella sposata, il padre che le somiglia e la madre che vorrebbe vederla al più presto moglie (la brava Susy Del Giudice: davvero divertente il duetto per estorcere a Enrica il tenore del biglietto inviatole da von Brauchitsch). E l'ingresso in scena della contessa di Roccaspina (destinata, come si vedrà, a svolgere un ruolo centrale) e il sempre più tormentoso distacco da Livia del colpevolizzato commissario.
Buon successo di pubblico per questo primo episodio, seguito da 4.039.000 spettatori per il 21,52% di share. Molto bella la sigla, che accampa i protagonisti sullo sfondo di una Napoli che sembra uscita dai meravigliosi manifesti pubblicitari dell'epoca, e interessante la ricostruzione del capoluogo campano negli anni del fascismo (la scenografia di questa seconda stagione è firmata da Gianni Coletti). Collaudati ormai gli interpreti: come già accennato particolarmente in parte, in questo debutto, ci sembrano Mario Pirrello, Fabrizia Sacchi, Susy Del Giudice e Adriano Falivene. Con Serena Iansiti/Livia distrattamente intenta a carpire informazioni sulla maestrina che sembrerebbe in qualche modo coinvolta con Ricciardi: efficace il dialogo con Falco/Marco Palvetti, l'informatore piazzato dalla polizia segreta alle costole della donna (e che, non potendo liberarsene, lei ha risolto d'usare a proprio vantaggio). E una brava Franca Abategiovanni dolorosamente ripiegata su sé stessa nel ruolo della donna brutta, inevitabilmente destinata a disprezzo e derisione e perciò reclusa in casa dal fratello in un cieco tentativo di protezione...
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