Quella che cercheremo di raccontare oggi è la piccolissima parte di una storia davvero molto ricca, anzi: rigogliosa.
È la storia di un grande italiano, una di quelle figure del Novecento che hanno reso un servizio straordinario alla nostra Cultura.
Fino ad ora ci siamo espressi usando molti aggettivi ridondanti e molte lettere maiuscole; probabilmente di tutto questo Antonio Virgilio Savona – è lui il protagonista di questa storia – avrebbe molto riso e soprattutto avrebbe trovato il modo di prenderci in giro, nascondendo così un sano pudore di fronte a tanta enfasi.
Eppure si tratta di un’enfasi necessaria, perché effettivamente stiamo provando a entrare nel cuore di una vicenda umana che non è nota abbastanza, ma meriterebbe la massima attenzione.
Le nuove generazioni probabilmente non sanno nemmeno chi sia e per la nostra e quella dei nostri padri Virgilio Savona è molto semplicemente uno del Quartetto Cetra, quello munito di occhiali, spesso seduto al piano; qualcuno un po’ più informato sa che era anche il marito dell’unica componente femminile del gruppo, Lucia Mannucci; gli altri – va ricordato - erano Felice Chiusano, quello fin troppo stempiato e poi Tata Giacobetti, quello “bello”. I più vicini al mondo musicale sanno infine che la maggior parte delle loro canzoni erano firmate: Savona – Giacobetti, il primo si occupava soprattutto della musica e l’altro dei testi.
E se pensiamo al Quartetto Cetra viene a tutti in mente una vecchia TV, le parodie dei Promessi sposi magari, la Biblioteca di Studio uno soprattutto; o ancora, perché no, vengono a mente Garinei e Giovannini, le riviste, la commedia musicale, Gorni Kramer, Lelio Luttazzi…
In effetti tutto questo già sarebbe sufficiente a far capire che si tratta di tanta, tantissima roba e che forse quella immagine da operetta, quell’ironia un po’ antica, ormai scontata, era tutt’altro che banale, tutt’altro che ingenua o furbetta.
Perché, innanzitutto, il Quartetto Cetra è il gruppo del grande rinnovamento nella musica cosiddetta “leggera” italiana; molto prima di Domenico Modugno, il Quartetto si diletta col jazz e lo swing, dissacra i testi dei vecchi scarponi, propone il ballo e allo stesso tempo l’intelligenza e l’ironia sagace nel mondo musicale. E questo è dovuto alla preparazione e alle capacità soprattutto di Virgilio Savona, senza che nessun altro ce ne voglia.
Il cambiamento – qui il merito in effetti è di tutti – il Quartetto lo porta nella Radio Italiana, molto prima che nasca la TV. Quelle parodie, quelle riviste televisive nascono molto prima infatti in Radio. Ci sono delle emissioni conservate in archivio Rai straordinarie e di quelle che sono andate perdute c’è traccia sul RadioCorriere (sono tantissime) e ci sono i copioni conservati nell’Archivio da lui curato e ora voluto e gestito da suo figlio Carlo: L’Archivio Savona-Mannucci/Quartetto Cetra, riconosciuto dal Ministero della Cultura nel 2018.
Ed ecco un primo aspetto non molto noto: Virgilio Savona è stato un archivista nato, e per fortuna ha conservato in maniera organizzata e intelligente la maggior parte del materiale relativo al suo lavoro, a quello del Quartetto e a quello di Lucia Mannucci che, ricordiamo, entra in un secondo momento nel Quartetto, inizialmente tutto al maschile, quando la sua carriera da solista è già da tempo solida e brillante.
Meno male che questo Archivio esiste, meno male che il figlio di Virgilio e Cia l’ha messo in ordine e reso fruibile così bene: è proprio questo a consentirci di raccontare qualcosa di più di lui.
Intanto però conviene tornare a quelle riviste radiofoniche a cui si è precedentemente accennato, perché lì si ritrova non solo la parte migliore e più moderna della musica italiana negli anni Cinquanta, ma anche la migliore e più moderna lettura della commedia e dello spettacolo per la Radio. Il Quartetto inventa un genere che poi porterà anche in Tv. Si ride e molto, si fanno parodie e macchiette, si scrivono testi ironici e intelligenti grazie a loro e ai migliori autori del momento. Come dicevamo, negli archivi Radio Rai sono conservate alcune di queste trasmissioni, come “Il piccolissimo Teatro del Quartetto Cetra”, “Gite di un Quartetto Viaggiatore” e “Sassofoni e vecchie trombette” (programma quest’ultimo interamente dedicato alla storia del Jazz, ma in pieno stile “Cetra”). Insomma: il Quartetto è stato il pioniere dell’innovazione musicale, radiofonica e dello spettacolo in Tv.
Già questo dovrebbe bastare a far fare a tutti loro un monumento, targhe, intitolazioni di piazze, aule di conservatorio, auditorium sparsi per l’Italia.
C’è però dell’altro da dire, molto altro, rispetto a Virgilio Savona.
Ci aiuta a raccontare un volume di recente pubblicazione dal titolo: “Oltre il Quartetto Cetra. A. Virgilio Savona. Scritti critici e giornalistici 1939 – 1998”, a cura di Paolo Somigli, con la postfazione di Carlo Savona.
Carlo Savona, ormai lo sappiamo, è il figlio e il curatore dell’archivio, mentre il Prof. Somigli è un musicologo, esercita la professione alla Libera Università di Bolzano e si occupa da sempre di Popular Music. Nella sua interessante introduzione all’opera analizza gli scritti raccolti e conservati nell’archivio, che ha diviso in due blocchi: il secondo raccoglie scritti sparsi dal dopoguerra in poi; il primo, più interessante perché meno noto, raccoglie gli articoli che Virgilio scrive come giornalista e critico musicale prima della guerra, giovanissimo, quando si occupa di musica per il Giornale dello Spettacolo, cioè l’organo ufficiale della Federazione Nazionale fascista dei lavoratori dello spettacolo.
Più interessante, inoltre, perché il giovane Virgilio mostra sia una competenza musicale estrema sia una scioltezza e una sicurezza che è certo tipica della giovane età (per natura quasi sempre sfrontata e “assoluta” nelle sue asserzioni), ma espressa in un’epoca non certo facile in Italia. Va tenuto conto, peraltro, che la famiglia di Virgilio aveva avuto problemi col regime; il padre era stato arrestato nel 1936 per sospetto antifascismo; inoltre, erano stati costretti a dimostrare – essendo Savona un nome di città – di essere ariani al momento della promulgazione delle leggi razziali. Un amico di Virgilio, Donato Di Veroli, essendo ebreo fu costretto a lasciare il Conservatorio e si uccise.
Virgilio però, pur muovendosi all’interno del regime - come tutti del resto - non sembra intimidito nell’espressione delle sue idee, che appaiono molto chiare su temi come il jazz e lo swing ad esempio, ma anche sul teatro, sulla rivista, sul cinema: è un appassionato di tutte le forme di spettacolo e tutto questo gli ritornerà molto utile in un futuro ancora non chiaro.
Si tratta per lo più di recensioni e di racconti su concerti ed eventi, ma non mancano mai le riflessioni approfondite sulle direzioni che la musica sta prendendo, mostrando apertura non solo verso il jazz, ma per esempio anche verso la musica da film. Insomma, un brillante e coraggioso critico in un ambito chiuso di regime e di colleghi un po’ troppo simili a sepolcri imbiancati, con i quali non disdegna affatto la polemica.
Va anche detto però che in merito alla musica il controllo censorio del regime sembra meno attento; forse le burocrazie fasciste non riescono a percepire fino in fondo la forza eversiva e innovativa di generi musicali come il jazz; fatto sta che almeno su questo piano, i giovani critici e Virgilio per primo sembrano muoversi con un po’ di autonomia: non sono discussioni libere, certamente, ma nemmeno ingessate. E questo rende godibilissima la lettura e, a parte qualche passaggio stucchevole o troppo ingenuo – ma è un appunto fatto solo come fruitori: uno sguardo storico non indulge mai ad anacronismi e si adatta allo stile e al sentire dell’epoca, cercando di cogliere somiglianze e salti in avanti – questi scritti appaiono ancora interessanti e per certi versi moderni, applicabili tuttora, pieni di spunti e riflessioni intelligenti. E va tenuto ben presente che sono scritti redatti per lo più tra il 1939 e il 1941, in pieno vento di guerra.
Successivamente, dal ‘45 in poi, e una volta preso totalmente dalla sua attività compositiva e dal Quartetto, Virgilio scrive solo in maniera sporadica, magari su Ciao 2001 e sul Musichiere; ma anche questi, come altri scritti conservati in archivio e pubblicati nel volume, mostrano tutto il brio, la leggerezza, il garbo e la profonda ironia che vela e addolcisce l’impatto con la sua cultura evidentemente sterminata.
Ricapitolando: siamo di fronte a un musicista, archivista, polemista, critico musicale, brillante narratore: è peraltro sua la biografia più bella, ricca e di piacevole lettura del Quartetto: “Gli indimenticabili Cetra”.
E non finisce mica qui: Virgilio, infatti, a partire dagli anni Sessanta diventa produttore discografico, compositore e autore per l’infanzia e soprattutto ricercatore nell’ambito delle musiche popolari, di cui si fa ardente promotore attraverso l’etichetta I DISCHI DELLO ZODIACO all’interno di VEDETTE RECORDS. Si occupa poi, insieme con Michele L. Straniero, del rapporto tra testo e musica nelle canzoni popolari, realizzando importantissime antologie, la prima del 1976, dedicata ai canti dell’emigrazione. E proprio su questo argomento ci fermiamo perché il libro curato da Paolo Somigli pubblica un bellissimo articolo “confessione”, in cui viene spiegata questa scelta; in effetti Virgilio non nasconde le simpatie di sinistra, essendo l’anima progressista del Quartetto, mentre Tata e Felice sono più conservatori. Soprattutto non vogliono svolte troppo impegnate, preferendo per i Cetra quella leggerezza che tutti noi abbiamo amato. Virgilio si impegna altrove, e in questo scritto spiega bene come certi episodi legati alle contestazioni e alle repressioni dello Stato alla fine degli anni Sessanta (che toccano da vicino la sua famiglia), gli abbiano ricordato quegli episodi dolorosissimi del fascismo più sopra accennati, e che quindi è diventato per lui fondamentale l’impegno in quello che sa fare meglio: cultura e studio musicale.
Insomma: Virgilio Savona, lo ripetiamo, è stata una figura fondamentale nella storia culturale italiana e, chissà, anche la sua stessa garbata e ironica ritrosia non ha permesso fosse riconosciuta appieno.
O forse è il solito destino di chi è etichettato perché fa “canzonette”?
Nell’ambito di alcuni studi sulla storia del Club Tenco – che non a caso a Virgilio ha prima assegnato il Premio alla carriera come operatore culturale e poi ha dedicato un’intera rassegna - si rileva infatti come tra gli anni Settanta e Ottanta un certo profilo intellettuale italiano – riconducibile ai cantautori impegnati, agli illustratori, ai giornalisti di costume, satira e società, che nella Sanremo del Tenco si incontrano e si “connettono” tra loro - ha combattuto per essere “riconosciuto” nell’ambito della Cultura cosiddetta Alta. Savona si colloca in mezzo tra i due mondi, interpretando alla perfezione quell’incontro già prima della guerra. E solo certi stereotipi difficili a morire possono non averlo fatto rientrare da subito tra i grandi intellettuali del Novecento, come in effetti per fortuna ora accade.
Ma pensiamo che tutto questo l’avrebbe grandemente divertito.
Oltre il Quartetto Cetra. A. Virgilio Savona. Scritti critici e giornalistici 1939-1998
a cura di Paolo Somigli (con postfazione di Carlo Savona)
Nardini - 2022
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