Tutti noi conosciamo la storia di Marco Vannini, della sua vita spezzata dalla bestialità umana, della sua famiglia distrutta dal dolore e sorretta dalla forza, dalla sete di giustizia. Una giustizia spesso strana, come ricorda Tommaso, vicino di casa dei Ciontoli, parlando della famiglia Vannini:
«Hanno dimostrato di saper lottare per la Giustizia. Che è un paradosso giusto? Non bisognerebbe lottare per avere Giustizia. Dovrebbe essere un diritto. Eppure...».
Tutti abbiamo ascoltato le chiamate allucinanti di Antonio Ciontoli al 118, tutti abbiamo visto lo sgomento dell’opinione pubblica di fronte a un caso che ha scosso il mondo e, soprattutto, tutti abbiamo vissuto empaticamente il dolore di Marina Conte e di Valerio Vannini per la morte, ingiusta e atroce, di quel loro unico figlio tanto amato.
Mauro Valentini, scrittore e giornalista romano – già autore di libri relativi alla cronaca nera – ci ha raccontato questa storia con la precisione di un giornalista e la delicatezza di un narratore, guidandoci in questa complessa e incredibile vicenda attraverso i racconti di Marina e Valerio, ricchi di particolari e di sentimenti e stati d’animo, e anticipando, incredibilmente, quelle che poi saranno le basi per l’esito della sentenza definitiva.
Il libro si apre con la storia d’amore di Marina e Valerio coronata dalla nascita di Marco, figlio unico, voluto e amato come un principe (come spesso ripete Marina ai numerosi microfoni che la intervisteranno nel corso di questa vicenda giudiziaria).
La narrazione procede con il racconto dell’infanzia di Marco Vannini fino al giorno della sua tragica morte e prosegue con i dettagli della vicenda giudiziaria che, nonostante la dinamica fosse di una chiarezza quasi disarmante, ha avuto momenti di stasi e difficoltà di giudizio quasi paradossali, che non hanno fatto altro che incrementare la rabbia e il dolore in primis della famiglia e poi di un’intera nazione che si è unita da subito a quelle grida di mamma Marina - «Non in mio nome!» e «Vergogna!» - nei confronti della corte che ridusse nella sentenza di primo grado la pena di Antonio Ciontoli da 14 a 5 anni di reclusione. Un affronto di proporzioni epiche nei confronti di chi aveva già avuto la vita spezzata dalla perdita di un figlio.
Nonostante il gigantesco muro di gomma, Marina e Valerio vanno avanti fino alla sentenza definitiva che vedrà Antonio Ciontoli finalmente condannato per omicidio doloso. Chiaramente nulla restituirà Marco ai suoi genitori, ma la sentenza avrà forse ridato loro almeno un po' di fiducia nella giustizia spesso sgangherata del nostro paese.
L’Italia conosce i fatti, li ha seguiti nelle trasmissioni televisive, nei tg, on-line. Ovunque. Con il libro di Mauro Valentini, questa storia viene messa nero su bianco con tutti i dettagli. Abbiamo pensato di fare all’autore qualche domanda per voi.
Chi è Mauro Valentini?
Mi considero un narratore, un artigiano delle parole. Un giornalista che con tanta passione ha raccontato e racconta storie vere o romanzate partendo sempre dal punto di vista di chi questi avvenimenti li vive sulla propria pelle. Diciamo, per usare un termine cinematografico, che affronto la scrittura in “soggettiva” e non sterilmente da osservatore distaccato.
Da cosa deriva la passione per i casi di cronaca nera e perché scrivere libri con questa tematica?
La cronaca nera è lo specchio della vita. Non ho mai affrontato eventi che riguardassero la criminalità organizzata o il terrorismo, perché essi hanno insito il movente di azioni criminali. Ho sempre cercato di raccontare la cronaca nera, quella che accade per azioni d’impeto o meschine eseguite da chi fino a quel momento non era un criminale e che dopo quell’azione non lo sarà mai più. Cosa muove quella mano assassina? Qual è la scintilla emotiva che spinge una persona “normale” a varcare la soglia del crimine? E soprattutto, quali conseguenze porta questo sulle vittime e i loro familiari? Ecco... questo io ho cercato e credo di esser riuscito finora ad affrontare.
Mauro Valentini
Cosa ha significato occuparsi del caso Vannini?
Marina, la mamma di Marco Vannini, mi ha chiesto di portare dentro a un libro non solo la morte del figlio, ma anche e soprattutto la sua vita, interrotta poi tragicamente da mani assassine. Ho voluto quindi raccontare la gioia di vivere di questo ragazzo speciale ma poi, leggendo e rileggendo le carte, ascoltando le intercettazioni agli atti, è venuto fuori comunque uno scritto che è diventata una controinchiesta che poi, incredibile ma vero, ha quasi preceduto quello che è stato sancito dall’appello bis e dalla Cassazione dopo l’uscita del libro. Un lavoro di cuore e di inchiesta, dunque: credo davvero che io e Marina abbiamo fatto un bellissimo lavoro di memoria e di passione.
Quanto questa esperienza letteraria ha legato lei e la famiglia di Marco?
Il legame di empatia e di stima è stato il motore di questo lavoro. È nato d’improvviso e questa fiducia reciproca mi ha permesso di entrare in casa loro e, spero, nel loro cuore. Non si può non voler bene a Marina e Valerio. Spesso dico negli incontri che certamente Marco era il figlio che ognuno di noi vorrebbe, ma aggiungo anche che tutti meriteremmo di avere due genitori come Marina e Valerio.
Lei si è occupato, con un libro che ha vinto due importanti premi letterari, anche del caso di Marta Russo. Come si è evoluto quel suo lavoro?
Il libro in questione – Marta Russo: il mistero della sapienza – è stato il mio unico e vero libro inchiesta, nel senso proprio del termine.
Quando ho iniziato a lavorarci, coadiuvato dai consigli di un grandissimo giornalista come Sandro Provvisionato, recentemente scomparso, tutti mi dicevano di lasciar stare, di non tirar fuori dalle sabbie mobili, in cui erano impantanati da anni, quel processo e quella storia.
Io ho invece, con molta tenacia, rimesso insieme i pezzi del puzzle folle e mostruoso che sono stati quel processo e quella tragedia, riallineando tutte le incongruenze e le storture di una condanna che fa acqua da tutte le parti.
Da quel libro ho anche tratto e interpretato una pièce teatrale, che ha percorso in lungo e in largo l’Italia con venti repliche. Non so se sono stato io o, meglio, se siamo stati noi, con l'editore, gli attori e la regista-… fatto sta che da quella tournee in poi sono fioriti libri, podcast e, tra poco, anche una serie TV, che non ci ha nemmeno citati, ma che casualmente ha percorso lo stesso selciato distorto e sconnesso di una verità processuale che tutti sanno ormai, adesso, essere solo formale.
Il suo ultimo libro – Lo chiamavano Tyson – è un romanzo che non si occupa di cronaca. È un definitivo cambio di genere o semplicemente una scelta occasionale?
La storia narrata dentro il mio primo romanzo era nella mia testa da anni, e ha finalmente trovato la strada per entrare nelle librerie. Non è un definitivo salto, ma una necessità dopo aver affrontato due casi di cronaca che mi hanno molto toccato come uomo e come padre: quello di Mirella Gregori e quello di Marco Vannini. Volevo, anzi, dovevo metter eun solco tra quello che ero stato prima e che sarà dopo, perché il destino di questi due ragazzi e lo sconquasso accaduto nelle loro due famiglie mi ha attraversato l’anima.
Progetti futuri?
Tra qualche mese uscirà un mio nuovo romanzo, meno noir di Tyson e molto più intimo, una storia di riscatto e di feroci sentimenti. Il titolo già lo abbiamo e lo anticipo: Cesare – Come Quando Fuori Piove. Sempre edito per Armando Editore. Sto curando per Armando anche due collane: la prima chiamata Dentro le Storie, che pubblica libri di interesse sociale anche affrontando il crimine dalla parte delle vittime, e poi una neonata collana di romanzi che hanno dentro storie di vita e di passione che si chiamerà I Ciclidi e che, come la specie di pesci d’acqua dolce a cui si ispira, accoglierà scritti e autori colorati, originali ed eleganti.
Mio figlio Marco
di Marina Conte (Narrazione di Mauro Valentini)
Armando Editore - 2020
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