Tratto da Rien ne va plus, ha debuttato mercoledì scorso su Rai 2 il primo episodio della quarta stagione di Rocco Schiavone, il vicequestore trasteverino in forze ad Aosta nato dalla penna di Antonio Manzini e interpretato da Marco Giallini. Buoni gli ascolti per quest'esordio (2.703.000 spettatori), che si trovava in competizione con Green Book su Rai 1 (4.255.000) e l'inossidabile Sole a catinelle su Canale 5 (2.692.000).
In onda mercoledì prossimo la seconda e ultima puntata (da Ah, l'amore l'amore), che per il momento chiude la serie sul vicequestore.
Al centro del libro come di questo primo episodio, la scomparsa d'un furgone portavalori col suo prezioso carico di quasi tre milioni di euro, l'incasso del Casinò di Saint-Vincent: che fa da sfondo anche alla precedente indagine di Schiavone, sull'omicidio dell'ispettore di gioco Romano Favre (Fate il vostro gioco, ultima avventura della terza serie). Trovato cadavere sul pavimento di casa, Favre potrebbe aver pagato con la vita l'inopportuna scoperta d'un traffico legato al riciclaggio di denaro.
A ucciderlo infatti è stato un altro impiegato del Casinò, il croupier Arturo Michelini (Daniele Natali), che ha poi tentato d'incastrare con falsi indizi la propria ex amante Cecilia Porta (Anna Bellato), vicina di casa ludopatica dello stesso Schiavone: il quale nel frattempo ha accolto in casa lei e suo figlio, l'adolescente Gabriele (Carlo Ponti di Sant'Angelo), cui si è molto legato.
Un epilogo, questo dell'arresto del croupier, che tuttavia non ha mai convinto il vicequestore, persuaso, adesso, che la morte di Favre possa esser stata la premessa proprio della rapina al portavalori. Una vicenda resa ancor più complicata dall'assassinio di una delle due guardie giurate che custodivano il carico e dalla quasi analoga sorte subita dall'altra (recuperata per un soffio tra la neve, stordita e ormai semiassiderata).
Partiamo da alcune (lievi) differenze. Nell'episodio tv diretto da Simone Spada (che ha firmato la regia anche della terza stagione, mentre prima e seconda son state dirette da Michele Soavi e Giulio Manfredonia), scompare il padre di Enrico Manetti (Luciano Giugliano), la guardia giurata alla guida del portavalori rubato, che nel romanzo all'inizio ha un ruolo abbastanza disteso, accogliendo Schiavone e l'agente Pierron nella casetta che divide col figlio. La generica palestra frequentata da Ruggero Maquignaz (Gianluca Guastella), l'altra guardia giurata trovata morta vicino al fiume, si trasforma poi in una pista da hockey frequentata anche da Paolo Chatrian (Alessandro Pess), il gigante interrogato dal vicequestore sulla vittima; e a trovare il cadavere di Maquignaz, malamente sepolto sul greto del fiume, non è la simpatica coppia di pensionati del libro, ma una bimba inoltratasi nel bosco.
Ancora, l'illegale perquisizione negli uffici della Spedizioni Roversi, la ditta di trasporti di proprietà dell'ambiguo Guido Roversi (un eccellente, sinistro Bebo Storti) vede Schiavone all'opera con Brizio (Tullio Sorrentino) e Furio (Mirko Frezza), gli amici di sempre, saliti da Roma per fare il punto della situazione (e presenti in pratica per tutto l'episodio). E non, come nel romanzo, con i nervosissimi agenti Italo Pierron (Ernesto D'Argenio) e Antonio Scipioni (Alberto Lo Porto) nelle riluttanti vesti di complici.
E non c'è una telefonata ma un incontro, sempre ad Aosta, tra il vicequestore e l'agente Caterina Rispoli (Claudia Vismara), trasferita nelle Marche su sua richiesta dopo la tempestosa chiusura della relazione con Schiavone ma in realtà da tempo nella capitale, dove svolge compiti misteriosi per un altrettanto misterioso signore dai capelli bianchi...
Perde inoltre rilevanza l'indagine sugli illeciti finanziari commessi da alcuni alti papaveri tra Casinò e Regione (per un danno allo Stato di milioni di euro): indagine che nel romanzo coinvolge la polizia tributaria e scorre in parallelo alle ricerche coordinate da Schiavone riguardo alla rapina al portavalori e all'omicidio di Favres e Maquignaz.
Ma soprattutto è risolto a inizio puntata, col racconto ancora di Brizio e Furio, il mancato ritrovamento del cadavere di Luigi Baiocchi, il pregiudicato responsabile della morte della moglie del vicequestore, l'amatissima Marina (Isabella Ragonese): uccisa a colpi di pistola durante il primo fallito attentato al poliziotto. Scomparso ormai da tempo, l'uomo potrebbe aver fatto perdere le sue tracce trasferendosi in Sud America, come sostiene da sempre Schiavone; o esser stato ucciso per vendetta proprio dal vicequestore, come il fratello Enzo confiderà al sostituto procuratore Maurizio Baldi (Filippo Dini).
Tuttavia le ruspe inviate dal procuratore, diretto superiore di Schiavone, a scavare nel terreno indicato da Baiocchi, non scoveranno altro che un po' di rifiuti: con immensa sorpresa di Brizio e Furio, appostati nei dintorni per assistere all'esito degli scavi in uno dei momenti più carichi di suspense del romanzo.
Soppresso nella versione televisiva, il colpo di scena della scomparsa del cadavere è appunto risolto con l'incontro in un generico paradiso caraibico tra Rocco e suoi amici, latori di buone ancorché sorprendenti novità e alfieri del ritorno in Italia del neolatitante Schiavone. In compagnia di Lupa, la meticcia adottata da Rocco in Non è stagione, Brizio e Furio giungeranno infatti nell'esilio esotico senza estradizione scelto dall'amico per sottrarsi all'inevitabile condanna, nel finale della terza stagione: con quell'attesa all'aeroporto che chiudeva l'ultima puntata, consegnando alle nebbie della latitanza un ormai rassegnato vicequestore.
Il quale, otto anni prima, ha realmente ucciso con la sua pistola d'ordinanza l'assassino della moglie dopo un lungo inseguimento; e assieme all'amico Sebastiano (Francesco Acquaroli) ne ha sepolto il corpo tra le fondamenta d'una villetta all'Infernetto, vicino Ostia (nel romanzo; nella versione tv, in un imprecisato terreno nei dintorni di Fiumicino).
Dopo il mancato rinvenimento del cadavere di Luigi Baiocchi, la sparizione di Sebastiano e l'evasione dal carcere di Enzo Baiocchi - per vendicare il fratello, artefice tempo prima d'un altro fallito attentato a Schiavone, nel quale invece ha perso la vita la compagna di Sebastiano - il vicequestore riapparirà dunque ad Aosta, momentaneamente riabilitato. Con quelle scuse nervose avanzate da Baldi e rifiutate da Rocco (con maggior levità di linguaggio nel film per la tv rispetto al libro...) e quell'indagine in sospeso sull'assassinio di Romano Favre. Assassinio che nelle sue reali motivazioni risulterà infine connesso appunto alla progettata rapina al portavalori, confermando ancora una volta l'intuizione del vicequestore.
Straordinaria come sempre l'interpretazione di Giallini, che nel ruolo di Schiavone si concede persino una venatura di clownerie. Nelle sbuffanti galoppate sotto la pioggia col cappotto in testa, nelle testarde scarpinate cittadine (quelle nove paia di Clarks fatte fuori in sei mesi di permanenza tra le nevose valli aostane), nella perenne insofferenza per gli imbelli agenti D'Intino (Christian Ginepro) e Deruta (Massimiliano Caprara) e nell'insopprimibile rimpianto per la moglie morta, Giallini presta a Schiavone la sua gommosa faccia di pagliaccio triste, confezionando nel ruolo dell'atipico tutore dell'ordine una delle sue prove migliori.
E diventando in pratica tutt'uno con il personaggio un po' come Gino Cervi col suo Maigret: non per caso, all'epoca dello sceneggiato, ineluttabilmente presente sulle copertine dei romanzi di Simenon.
Ma del resto impeccabile è l'interpretazione di tutti gli attori: dall'ombroso, insoddisfatto Pierron/D'Argenio, l'agente corrotto e profondamente disonesto eletto da Schiavone a ideale compagno d'avventura, al più limpido e meno irrisolto Scipioni/Lo Porto, passando per lo sguardo triste e il fisico sottile dell'ispettrice Rispoli/Vismara; col duo comico D'Intino/Deruta e la pacata affidabilità del più maturo Ugo Casella (Gino Nardella), protagonista, in quest'episodio come nel libro, d'una storia d'amore con Eugenia Artaz, la signora del piano di sopra, che imprevedibilmente contribuirà a imprimere alle indagini la svolta desiderata.
E ci sono poi le gutturali aspirate e l'ineffabile cinismo del toscanaccio Alberto Fumagalli, l'anatomopatologo (Massimo Reale); e la deliziosa eccentricità della sua collega Michela Gambino (Lorenza Indovina), instancabile dispensatrice di teorie complottistiche. Con quelle autopsie su un cirrotico bello gonfio offerte dall'uno all'altra come un mazzo di rose, in un innegabilmente inquietante ma di fatto efficace rituale amoroso...
Le stesse rose faticosamente pervenute pure alla simpatica Eugenia da parte dell'agente Casella, dopo un memorabile confronto/scontro con la volenterosa fioraia.
E ancora, gli onirici confronti tra Schiavone e il sostituto procuratore Baldi/Dini, intento a gettar briciole di pane ai piccioni mentre Lupa scompare progressivamente nelle profondità del tappeto sotto la scrivania e la fotografia della moglie del magistrato giace a faccia in giù sul ripiano; e il sanguigno temperamento del questore Andrea Costa (un segaligno Massimo Olcese), ulteriormente inasprito dall'abbandono della bella moglie Sandra Buccellato (Valeria Solarino), in forze a La Stampa di Torino e visceralmente disprezzata adesso dal funzionario assieme a tutti gli altri giornalai...
All'inizio detestata di cuore pure da Schiavone per un certo che di frettoloso e accusatorio nell'interpretazione dei fatti, la Buccellato conquisterà progressivamente un altro tipo d'attenzione da parte del poliziotto, insidiando il primato della giovane Rispoli. Entrambe senza tuttavia scalfire neppur minimamente il tormentoso rimpianto di Rocco per la moglie morta: il cui fantasma, in perenne dialogo col vicequestore, s'incarna per il piccolo schermo in un'intensa Isabella Ragonese (che nel finale di quest'episodio accoglie finalmente tra le braccia un Rocco sospeso tra la vita e la morte, dopo il conflitto a fuoco che lo ha visto ferito).
Un rimpianto lacerante e continuo che solo l'amicizia di Schiavone con Sebastiano, Brizio e Furio - ormai collaudati e perfetti nel ruolo tutti e tre, nonostante alcune differenze fisiche rispetto ai personaggi di Manzini risultino davvero marcate - ha finora contribuito a addolcire per quanto possibile.
Questo, e l'atipica famiglia allargata che sta prendendo vita nella sua vita: precariamente organizzata dal volenteroso, tenero Gabriele - con l'aiuto d'un paio di paraventi a schermare i letti arrangiati in salotto per sé e per la madre (e le infinite maratone horror davanti alla tv) - questa sorta di scherzo del caso sta forse regalando al vicequestore un'imprevista, dimenticata felicità.
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